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GUERRA NEI BALCANI
Paradossi, arte e links
di David Cirese - 29 aprile 1999
 
 

   Da quanti giorni vanno avanti i bombardamenti in Yugoslavia? E con quali risultati? E quando si ipotizza, se si ipotizza, possa smettere questa guerra? E quanto tempo ci vorrà comunque per rimarginare le ferite culturali, gli odi e i risentimenti fra i popoli?

   E da quanti giorni nelle case, nei bar, per le strade, singoli individui o masse di manifestanti affezionati alle utopie continuano a ripetere che con la violenza delle armi non si risolve nulla? 

   Posso capire che si imposti male un ragionamento (per quanto sia drammatico il risultato di tale sbaglio). Ma chi ha pensato che con il ricatto delle bombe e della distruzione si potesse arrestare la pulizia etnica in Kosovo e fermare la politica criminale portata avanti dal governo serbo, ha ormai avuto ampia dimostrazione dell'errore del suo calcolo:

  • la pulizia etnica in Kosovo è aumentata: nessun osservatore internazionale e nessun giornalista può più documentarla, ed è normale che nel panico dei bombardamenti quei cattivoni serbi, militari o paramilitari che siano, facciano più casino del solito; non si può escludere che siano quasi contenti delle bombe della NATO, soprattutto di quelle su Pristina e dintorni
  • la libertà di informazione in Yugoslavia (quel poco che c'era) è stata soppressa
  • l'opposizione a Milosevic è scomparsa, l'unica speranza di alternativa al suo regime è svanita: chi un tempo manifestava in piazza a Belgrado contro Milosevic, ora manifesta contro la NATO, gli Stati Uniti, l'Europa
  • i rapporti dell'occidente con la Russia sono incrinati
  • l'immagine dell'Europa, agli occhi delle popolazioni slave, comincia a somigliare a quella del regime nazista


   Ora, tutte queste cose, facilmente prevedibili anche dalle forse non troppo brillanti (ma sicuramente realistiche) menti strategico-militari, erano state comunque esattamente previste dagli utopici sostenitori della pace. E queste previsioni gli utopisti non se le erano mica tenute: le avevano urlate per strada! In ogni caso, per fortuna, oramai anche l'apparato politico-militare che sostiene la guerra se ne è accorto ed ha ammesso che "la strategia adottata non ha prodotto i risultati sperati".

   Bene, trovato l'errore cerchiamo un rimedio. E il rimedio viene subito trovato: intensificazione dei bombardamenti ed allargamento ad obbiettivi civili quali organi di informazione, linee elettriche e acquedotti (non si sa mai, ci dovesse essere ancora qualche oppositore al regime di Milosevic da convertire in un nazionalista anti-occidentale ed anti-europeo!); organizzazione dell'intervento terrestre, dell'invasione di uno stato sovrano.

Paradossale.

   E' come se uno, accortosi di essersi calato con una corda in un mare di merda, decidesse di cercare l'uscita sul fondo del mare, invece di risalire sulla corda; tutto questo trascinando nella merda intere popolazioni, e mentre centinaia di migliaia di persone gli gridano di non farlo.
Ma si sa, la vita è spesso paradossale. 
Qui però si sta rendendo paradossale anche la morte, la morte dei kosovari, la morte dei serbi. 
E la morte non è mai paradossale, o almeno non dovrebbe esserlo...

   Cosa possono fare allora gli utopici sostenitori della pace? Rilanciare sul paradosso. Unirsi al gruppo di sfigati che finiscono nella merda. L'ideale, per i più coraggiosi, sarebbe trasferirsi a Belgrado per farsi bombardare da noi stessi; invitiamo a far questo soprattutto i parenti dei militari impegnati nelle operazioni aeree. Di seguito, quasi altrettanto coraggiosa e paradossale, viene la scelta di andare ad aiutare i kosovari a tornare nelle case dalle quali sono scappati anche a causa dei nostri bombardamenti. Per i meno coraggiosi può bastare una frequentazione del territorio virtuale yugoslavo e una seria partecipazione emotiva alla tragedia del suo popolo: visitare musei on-line, gallerie virtuali ed artisti serbi, farsi amici in yugoslavia tramite internet, soffrire insieme a loro per le bombe che gli tiriamo addosso. In ogni caso, intensificare i rapporti e le relazioni tra noi e quei popoli che forse qualcuno vuole costringerci a considerare nemici; non alimentare con la diffidenza personale un odio artificiale imposto da molti mezzi di informazione; non unirsi a chi soffia sul fuoco di conflitti locali, non aiutare chi ha sempre USAto questi sistemi per mantenere l'egemonia nella politica internazionale.

   C'è chi grida allo scandalo perchè giornalisti dei paesi alleati trasmettono servizi dal paese nemico, sotto la pressione della censura serba. Spero che nessuno ne abbia a male se qui invitiamo i navigatori di internet a prendere contatti e mantenere rapporti con la popolazione del paese che stiamo bombardando, seguendo i links che proponiamo e barcamenandosi nell'inevitabile propaganda serba, forse più facile da riconoscere della nostra. E se un serbo non vi risponde non preoccupatevi, non è detto che sia morto sotto una bomba pagata anche con i vostri soldi, lanciata magari da chi avete mandato al governo.
 

Buona navigazione, e lavorate per la pace.
 

   DAVID CIRESE
   www.net-art.it/cirese
   29 aprile 1999
 

 
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