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© Testo di Luca Pagni, Roma 1998
Ha collaborato Lucio Valerio Pini
Prosegue fino al prossimo 20 maggio l'esposizione della mostra fotografica
"CAPA-FOTOGRAFIE" presso il Palazzo Medici Riccardi di Firenze. La stessa
mostra è ospitata anche dall'International
Center of Photography Midtown di New York, fino al 7 giugno 98.
L'esposizione presenta quasi duecento fotografie in bianco e nero che
illustrano bene il lavoro fotogiornalistico di Capa, all'anagrafe Endre
Ernò Friedmann, considerato come il reporter che, con le sue foto
scattate durante la guerra di Spagna, ha concepito un nuovo modo di realizzare
e di vedere la fotografia di guerra, influenzando in tal senso generazioni
di fotografi.
Lo storico Louis Aragon, nelle sue "Lettres Francaises" scritte il
27 maggio 1954, descrive Capa come un uomo capace di correre in tutto il
mondo "...come se si sentisse spinto a catturare per sempre, grazie alla
sua macchina fotografica, quel sottile confine che divide la vita dalla
morte".
L'immagine che meglio testimonierebbe tale attitudine è quella
che presenta un miliziano che cade a terra, forse colpito a morte, e che
viene considerata da molti critici e storici di fotografia, come emblematica
delle vicende di un'epoca e di una nazione, oltre che rappresentativa del
sacrificio umano nella lotta per la libertà e la democrazia.
La foto del miliziano morente è da sempre oggetto di vivaci
polemiche riguardanti la presunta messa in posa dell'evento
in essa ritratto. Uno dei primi articoli in cui sono stati espressi
dubbi sull'autenticità della foto in questione è stato firmato
da Piero Berengo Gardin, sulla rivista "FOTOGRAFIA ITALIANA" del giugno
1972. Tale articolo, oltre a presentare una dettagliata biografia
di Robert Capa, ha mostrato quattro fotografie allora inedite
riguardanti il miliziano e la trincea da cui questo sarebbe saltato fuori,
facendosi cogliere in contropiede dai colpi sparati da una mitragliatrice
franchista . La sequenza, curiosamente, presenta prima il miliziano
colpito a morte e poi lo stesso uomo che posa allegramente per il
fotografo, insieme con altri commilitoni .
La foto di gruppo, che qui riproponiamo, è stata tratta
da "Historia" mensile illustrato di storia, n. 7 del luglio
1996. L' immagine è stata pubblicata anche sul quotidiano inglese
"The Observer" del 1 settembre 1996, a commento di un articolo firmato
da Rita Grosvenor ed Arnold Kemp, dove sono state riproposte
anche due foto di due miliziani che cadono a terra, entrambi sullo stesso
metro quadrato di Spagna, e che il biografo ufficiale di Capa, R.
Whelan, ha riconosciuto rispettivamente nel primo e nel terzo miliziano,
a partire da sinistra, del gruppo sopra citato. Whelan, in questo
modo, ha fugato anche i dubbi di quanti, nel tempo, hanno
sostenuto che i due miliziani sarebbero la medesima persona. Questa
ipotesi è contraddetta, tra l'altro, anche da una pubblicazione
fatta dal Gruppo Editoriale Fabbri che, nella seconda metà degli
anni '80, ha presentato le stesse due foto, nella collana dedicata
ai GRANDI TEMI DELLA FOTOGRAFIA in "Il fotogiornalismo" parte II,
con un titolo che non lascia dubbi: "COMMENT ILS SONT TOMBES" (Come
sono caduti).
L'articolo del "The Observer" ha inoltre fatto luce su un
altro aspetto inquietante della vicenda.
Negli archivi militari di Madrid e di Salamanca risulta registrato
un solo decesso sul fronte di Cerro Muriano, in data 5 Settembre 1936 e,
il nome di questo "morto ritrovato" è Federico Borrell Garcìa,
militante anarchico di Alcoy.Questa stessa identità è stata
data, già dall'inizio del 1995 , anche al "miliziano colpito
a morte" fotografato da Capa.
Analizzando le fotografie dei due miliziani si può facilmente
notare che esse risultano perfettamente sovrapponibili :
- l'altezza ed il tipo di stratificazione delle nuvole sono
uguali;
- i profili montuosi che si stagliano sull'infinito
sono uguali;
- sempre all'orizzonte, sulla destra delle foto, quelli
che sembrano essere campi coltivati, sono uguali;
- l'inclinazione del terreno di caduta dei miliziani è
la stessa;
- l'ombra dei due miliziani ha la medesima angolatura.
Le due foto quindi, presentando lo stesso ambiente ripreso nella
stessa frazione di tempo, non possono esser state realizzate che
in brevissima sequenza l'una dall'altra, anche se non ci è dato
sapere quale delle due sia stata scattata per prima.
Ci domandiamo:
se il punto di caduta è il medesimo ed immediatamente successivo
è l'attimo di caduta per tutti e due i miliziani, dove giace il
corpo dell'uno o dell'altro ?
La constatazione della mancanza di un elemento tanto importante, consente
di giungere ad una sola conclusione: le foto sono state realizzate
con l'apparecchio fotografico saldamente posizionato e con un'accorta regia.
E' quindi possibile sostenere che i due miliziani abbiano posato per
Robert Capa, anche se poi uno di loro sarebbe rimasto veramente ucciso
e, questo dato di fatto, pur non togliendo nulla al risultato formale delle
foto, le classifica inconfutabilmente come una ricostruzione, privandole
di quella pregnanza che fino ad oggi è stata loro caparbiamente
riconosciuta. In favore di questa nostra tesi, condivisa peraltro da
diversi critici e storici, vi sono anche le dichiarazioni del fotografo
inglese O. D. Gallagher, corrispondente sul fronte spagnolo per il "London
Daily Press".
O'Dowd Gallagher, con diverse interviste pubblicate sul settimanale
"Sunday Times" e nel libro curato da J. Borgè e N. Viasnoff
per la France Loisirs nel 1974 "L'aristocratie du reportage photographique",
ha affermato di aver diviso con Robert Capa la stessa camera d'albergo
, all'inizio del conflitto spagnolo. Gallagher ha dichiarato che
"...io e Capa ci recammo dalle autorità a lamentare che non riuscivamo
ad ottenere quelle foto che i giornali volevano da noi. Allora le autorità
organizzarono un finto attacco, e noi ottenemmo le foto che volevamo..."
Questa testimonianza diretta non avendo ricevuto smentita alcuna, deve
essere accolta come rispondente al vero e, di conseguenza, la foto del
miliziano morente realizzata da Robert Capa, dovrebbe riportare in didascalia
che trattasi di una "ricostruzione", com' è già avvenuto
per la foto dell'issa bandiera scattata ad Iwo Jima. A questo proposito
lo storico e diplomatico Sergio Romano ha dedicato un lungo articolo
pubblicato sul quotidiano italiano "LA STAMPA" del 27 dicembre 1997,
intitolato: " Dal <<miliziano morente>>
al tragico incidente di Lady Diana: usi e abusi dell'immagine nel giornalismo
del '900 " . Nel suo articolo, Sergio Romano, dopo aver ricordato il comunicato
con cui l'agenzia MAGNUM nel '96 avrebbe implicitamente rivendicato
l'integrità professionale di Capa, ha indicato l' immagine
del " miliziano colpito a morte" come apparentemente vera ma ideologicamente
falsa, ribadendo che "Nessuna manipolazione della realtà è
più pericolosa e inquietante del falso fotografico" perché,
continua, "non possiamo accettare che i fotografi falsifichino la
realtà, in quanto da essi ci attendiamo un documento". Sergio
Romano sentenzia infine, con nostra sincera approvazione, che " Il
falso fotografico è un inganno, una menzogna".
Purtroppo, sebbene tutto questo appaia scontato e naturale, continuano
ad essere pubblicati articoli di stampa con cui si tenta di riabilitare
l'autenticità storico-fotografica del famoso "miliziano colpito
a morte" di Capa, nascondendo al grande pubblico la presenza ingombrante
dell'altro commilitone il quale, pur essendo stato fotografato mentre cadeva
sullo stesso metro quadrato di Spagna , non ha lasciato segno di se, né
negli archivi militari, né da altra parte, tanto che la sua identità
è ancor oggi ufficialmente sconosciuta . L'ultimo articolo
pubblicato in tal senso è stato firmato da Carol Squiers sulla rivista
"AMERICAN PHOTO" di maggio/giugno 1998 . .
Un'altra fotografia di Capa che lascia perplessi circa la sua veridicità
storica, è quella in cui si vede una donna che, con il proprio cagnolino,
attraversa di corsa una piazza. La donna sembra sorridente ed il cane per
nulla impaurito. Le altre persone presenti sulla piazza sembrano immobili.
L'atmosfera è serena e tranquilla. Nonostante tutto, la didascalia
della stessa fotografia ci parla di una donna "in cerca di un rifugio durante
un'incursione aerea su Barcellona, nel gennaio del 1939". Qualcosa
evidentemente non torna.
La storia di Endre Ernò Friedmann, giovane ebreo di sinistra
con idee rivoluzionarie, esiliato dall'Ungheria del dittatore Nicholas
Horthy, ideatore di un fantomatico Robert Capa per sfuggire alla politica
antisemita scatenata da Hitler in Europa, ed infine morto per aver
calpestato una mina anti-uomo, è certamente ricca di romanticismo
ma questi fatti biografici non dovrebbero influenzare l'espressione di
giudizi di merito relativi alle singole fotografie realizzate dall'autore.
Sulla foto del miliziano colpito a morte è stato più volte
detto e scritto che, vera o falsa che sia comunque non cambierebbe il suo
significato né il suo potere concettuale. Accettare questa affermazione
per vera, è come voler confondere il documentario con la fiction
che, anche qualora presentassero i medesimi soggetti, manterrebbero comunque
distinte e separate le proprie finalità, salvo che non voglia ingannare
l'ignaro spettatore.
Se infatti il "falso" venisse spacciato ed accettato come "vero",
noi avremmo perso quella cognizione del "distinguo" che è
uno dei valori principi caratterizzanti la specie umana.
© Testo di Luca Pagni, Roma maggio 1998
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