Intervista a William Klein a cura di Luca Pagni, tratta da
PHOTOGRAPHIE MAGAZINE n. 6/97
realizzata al Palazzo
delle Esposizioni di Roma, mercoledl 29 ottobre 1997
Traduzioni a cura della Dr. Luisella D'Alessandro (presidente "F.I.F.")
La mostra "Work" di William Klein è stata presentata in prima
assoluta al San Francisco
Museum of Modern Art;
a Parigi è stata esposta alla Maison
Européenne de la Photographie,
ed in Italia, a Torino presso la nuova sede della Fondazione Italiana
per la Fotografia.
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Lo scorso 29 ottobre è stata inaugurata
al Palazzo delle Esposizioni di Roma la mostra fotografica "NEW YORK 1954-55”
di William Klein, uno di quei grandi nomi della fotografia internazionale
che non ha bisogno di presentazioni. L’ esposizione, organizzata dalla
Fondazione Italiana per la Fotografia e da Peliti Associati, presenta per
la prima volta un panorama completo delle immagini che hanno reso celebre
Klein in tutto il mondo.
"NEW YORK 1954-55” è il titolo di un progetto che Klein ha seguito in tutte le sue fasi: dall'impaginazione, alla grafica, alla realizzazione finale dello omonimo libro che accompagna l'esposizione, fino ad arrivare alla cura personale dell'allestimento della mostra stessa. Photographie Magazine era presente alla conferenza stampa della mostra, avvenuta in un clima di tale serenità da rendere possibile un incontro ravvicinato con l'autore, che siamo riusciti a intervistare. Prima però di presentare l'intervista leggiamo le note autobiografiche con cui Klein stesso si è presentato. " Io sono nato a New York. Arrivai in Europa a seguito dell'esercito
americano e dopo esser stato con le truppe di occupazione in Germania,
venni congedato a Parigi dove decisi di rimanere per fare il pittore.
Nel 1948 ebbi modo di conoscere il grande pittore Fernand Legér
di cui apprezzavo le idee artistiche. Frequentando il suo atelier
Ora che l'artista si è presentato, possiamo intervistarlo. PHOTOGRAPHIE MAGAZINE:
William Klein: Sicuramente il cinema! E’ stato determinante.
P.M. Quanto, il cinema, ha influenzato il suo modo di fotografare ? W.K. Io ho fatto fotografia prima di dedicarmi
al cinema, ma conoscevo già i registi come Erich Von Stroheim, Josef
von Stenberg, Frantisek Langer,
P.M. Mr. Klein, lei ha frequentato molto l'Italia.
W.K. Molto poche, purtroppo. Anche dal punto
di vista culturale oggi le relazioni con l'Italia sono
Klein si fà cupo nello sguardo, e ricorda con evidente nostalgia quei tempi lontani in cui venne in Italia per la presentazione de "I Vitelloni”, film di Federico Fellini. Allora, Klein, presentandosi al cospetto del maestro, scoprì con meraviglia che Fellini aveva già letto ed apprezzato il suo libro NEW YORK tanto da offrirgli la possibilità di essere suo aiuto regista, nel film "Le notti di Cabiria", era il 1956. In quel periodo, rammenta Klein con volto sorridente, circolava la storiella di un americano miliardario, che una volta arrivato in Italia, chiedeva al proprio segretario di organizzargli un incontro con il Papa e con Fellini ! Continuiamo l'intervista, per la cui realizzazione dobbiamo ringraziare l'ufficio stampa della Peliti Associati, e la dottoressa Luisella D'Alessandro (Presidente della Fondazione Italiana per la Fotografia) che ha presentato la mostra e che ci ha fatto da interprete. P.M. Mr. Klein, Un gruppo editoriale italiano (Fabbri) in
una collana monografica chiamata "I GRANDI FOTOGRAFI" ha pubblicato i suoi
lavori ponendo il suo nome tra i grandi autori del passato e del presente.
W.K. Perchè Newhall è americano e per molto tempo io sono stato nella "black list” della cultura americana. Poi ho lasciato sia la fotografia che il territorio americano e quando John Szrakowsky ha stabilito quali dovessero essere i rappresentanti della fotografia americana, evidentemente io non rientravo tra questi. Oggi comunque gli americani stanno recuperando il tempo perduto, tanto che per l'apertura della nuova ala del Museo d’Arte Moderna di San Francisco è stata scelta proprio questa mia mostra dedicata a New York. John Szarkowsky, che è stato direttore del
dipartimento di fotografia presso il Museum of Modern Art di New York,
ha definito Klein come "il fotografo più intransigente del
nostro tempo”. Alan Jouffroy, in un articolo pubblicato nella monografia
dedicata a Klein dal Gruppo Editoriale Fabbri, afferma invece che quest’artista
sarebbe arrivato, con le proprie fotografie, a far acquisire all’universo
dei derelitti del XX secolo, titoli di nobiltà equivalenti a quelli
che il celebre pittore Daumier, aveva conferito nei suoi quadri alla
plebe parigina, nel XIX secolo.
P.M. Cosa pensa WilliaM Klein di quel mercato della fotografia venduta come oggetto d'arte, esistente da sempre in America, e che qualcuno cerca di proporre anche nel nostro Paese ? W.K. Tendenzialmente apprezzo l'uso artistico della
fotografia anche perchè io stesso sono stato un'artista che ha deciso
di usare il mezzo fotografico. A parte alcuni che secondo me hanno dato
qualcosa a questo cambiamento culturale, come Witkin, il lavoro di altri
mi sembra molto sospetto ed è supportato soprattutto da un sostegno
critico labilissimo, con delle costruzioni mentali...
P.M. Visti i fatti degli ultimi anni che hanno sconvolto gli assetti mondiali chi saranno i nuovi derelitti del 2000 che lei, probabilmente, troverà il modo di fotografare ? William Klein, affermando con espressione contrariata di non aver fotografato
solo i derelitti, si alza dal tavolo su cui era seduto per l’ intervista
e si muove verso la sala dell’ esposizione, invitandoci a seguirlo per
constatare
LUCA PAGNI
LIBRI:
LIBRI (in inglese): W.Klein |
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LIBRI (in inglese): W.Klein
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